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LUPERCALIA AUJOURD’HUI – mostra personale di Marco Cingolani

a cura di Giulia Calì

19 luglio – 31 agosto 2018
Villa Cattolica – Museo Guttuso, Sala dell’Edicola
Inaugurazione: giovedì 19 luglio, ore 18.30

Nel 1989 Marco Cingolani dipingeva Il ritrovamento del corpo di Aldo Moro, in cui si scorge una folla di figure, realizzata con i gessetti nello stile dei “madonnari”, attorno al corpo semi accennato del noto politico italiano di cui, dal 9 maggio 1978, restava soltanto un’indelebile immagine fotografica.  Un anno prima Gerhard Richter dipingeva un ciclo di dipinti intitolato 18 ottobre 1977, restituendo alla pittura, bistrattata per lo più dalle Avanguardie storiche, la sua valenza di riflessione critica sulla storia tedesca più recente.  Ancora prima, all’inizio degli anni Ottanta, Achille Bonito Oliva promuoveva, con la corrente artistica Transavanguardia, un gruppo eterogeneo di artisti, i “ciechi-vedenti”, Francesco Clemente, Sandro Chia, Enzo Cucchi, Mimmo Paladino e Nicola De Maria, riabilitando la pittura figurativa come linguaggio artistico in grado di responsabilizzarsi, di re-introdursi di diritto nel contesto dell’arte, dopo che, dal fatidico anno 1839, che aveva portato alla nascita della fotografia, la pittura aveva perso il suo ruolo predominante. Questo tipo di osservazioni potrebbero sembrare fuorvianti, dato che da allora Marco Cingolani ha mutato il suo linguaggio pittorico, giungendo a un’astrazione sempre più evidente, muovendo verso temi più spirituali e legati ai culti religiosi. Eppure da quel 1989, in cui l’artista disegnava con i gessetti un turbinio di figure dall’elevata intensità cromatica, non sembra essere cambiato poi molto. Con Lupercalia aujourd’hui, Cingolani ritorna al dato socioculturale attraverso opere che, per quanto astratte, mostrano un continuo riferimento all’elemento umano, restituito non dal segno figurativo, ma dai giochi di forza che l’energia cromatica del suo gesto sprigiona sulla tela.  L’artista riconferma in questo modo il suo interesse nei riguardi dell’uomo, delle sue tradizioni e ritualità. I Lupercalia rievocano luoghi e tempi ancestrali in cui la ritualità, sentita come fonte di vita, ma anche di morte, era elemento fondante della società romana. La festività, infatti, avvolta nella leggenda, ha per Cingolani un fascino particolare dovuto proprio alla sua capacità di coinvolgere non soltanto il popolo, ma anche le figure più autorevoli della società.  Lo storico Georges Dumèzil racconta che per un solo giorno, il 15 febbraio, giovani sacerdoti chiamati Luperci, guidati dal dio Fauno, rompevano l’equilibrio fra il mondo razionale e quello irrazionale, la classica lotta tra apollineo e dionisiaco in cui, per un giorno, il secondo prendeva il sopravvento sul primo. Durante la celebrazione, i Luperci, sistemati in fazioni avverse e vestiti di pelle di capre appena sacrificate, stringendo tra le mani strisce di pelle, correvano frustando il terreno e il ventre delle donne, che si esponevano volontariamente alle sferzate, veicolo di fertilità.  I Lupercalia rievocano una rinascita, ma anche una perdita di raziocinio, il transito dall’inverno alla primavera, diventando il tramite tra il mondo dei vivi e quello dei morti, attraverso riti di passaggio esperiti sulla base di un istinto irrazionale e selvaggio. Un atto di purificazione, quindi, vincolato ai rituali dell’antica Roma.

Lupercalia aujourd’hui, come spiega il titolo stesso, è un’esperienza simbolica che trasferisce il senso della festività romana nella contemporaneità, nella quale il rito della festa, dal Carnevale ad Halloween, dalla Love Parade ai raduni musicali inaugurati da Woodstock, corrisponde a un momento di pausa dalla meccanica quotidianità e si carica di inebriante follia, di lotta continua, di danza, di passione e di erotismo.  Le opere di Marco Cingolani si inseriscono dentro questa dialettica tra il regolare e l’irregolare, ravvisabile nei tocchi di colore puro, in contrasto con lo sfumato del “paesaggio”.  Se si osserva con attenzione, il turbinio di colori, che danza nella caoticità della tela, si inserisce dentro un tracciato di linee che delimita il supporto, creando l’illusione di uno spazio cubico, un luogo chiuso, forse interiore, che rievoca, anche soltanto concettualmente e di certo non stilisticamente, Lo studio rosso che Matisse dipingeva nel 1911, in cui l’interiorità del pittore si tramutava in concetto spaziale e cromatico.  Ecco dunque rappresentate le forze che governano il sentire umano, le società antiche e contemporanee che si intersecano e si legano, dilatando tempi e luoghi in un unico sostrato culturale in cui la storia dell’uomo, il pathos, la ritualità e la spiritualità si ripetono sempre come unici protagonisti.  Ecco perché, da quel 1989, nelle opere di Cingolani non è cambiato assolutamente nulla, se è vero che senza la società di cui l’uomo è ratio, ma anche furor, niente che sia cultura esisterebbe. Accanto ai dipinti, che vogliono evocare una sequenza cinematografica, o meglio d’animazione, l’autore presenta una serie inedita di libretti pop-up, ritoccati, rettificati, modificati, usando la stessa espressività segnica e cromatica presente nei quadri.

Marco Cingolani

Marco Cingolani nasce a Como nel 1961 e si trasferisce a Milano giovanissimo, nel 1978. Inizia a frequentare l’ambiente creativo underground, in cui l’arte si mischia con la moda e la musica punk. Il lavoro di Marco Cingolani ha sempre cercato di annullare il potere normativo delle immagini mediatiche, sottoponendole alla cura radicale dell’artista, certo che l’arte offra un punto di vista decisivo per l’interpretazione del mondo. In questo contesto sono nati i quadri delle Interviste e le  serie dedicate all’Attentato al Papa e alla tragica vicenda di Aldo Moro. Dopo aver partecipato a numerose mostre collettive, gli vengono dedicate importanti mostre antologiche presso prestigiose istituzioni pubbliche, quali Palazzo Strozzi a Firenze e Promotrice delle Belle Arti di Torino. Partecipa nel 2006 alla rassegna collettiva “Senza famiglia”, nel Palazzo della Promotrice delle Belle Arti di Torino. Nel 2007 riceve un’ulteriore consacrazione: la Galleria Emilio Mazzoli ospita la mostra dal titolo “Di che colore sono?”, in cui vengono presentate le riflessioni pittoriche sul colore del Potere e dei suoi travestimenti. Nel 2009 un ritorno alle origini con Percorsi della Fede: l’artista concentra l’attenzione sulle apparizioni mariane a Lourdes e Fatima. Nello stesso anno una mostra a Lucca, al Museo nazionale di Villa Guinigi, lo affianca ad alcuni tra i principali artisti italiani delle ultime due generazioni, tra cui Mimmo Paladino e Sandro Chia. Giacinto di Pietrantonio lo invita l’anno successivo al PAC di Milano, per la mostra collettiva “Ibrido”, a fianco di Jan Fabre, Gilbert&George, Charles Avery, Damien Hirst, Piotr Uklanski, Patrick Tuttofuoco e altri grandi della scena internazionale. Per i suoi 50 anni la città di Como gli dedica un’antologica in tre sedi istituzionali: Broletto, Pinacoteca Civica e Biblioteca Comunale. Nel 2012, anno de “Il Belpaese dell’arte”, espone alla Gamec di Bergamo in compagnia di Elmgreen&Dragset, Sislej Xhafa, Alighiero Boetti, Maurizio Cattelan, Alterazioni Video, e molti altri volti noti dell’arte. Cingolani ha insegnato per dieci anni all’Accademia delle Belle Arti di Palermo, contribuendo a formare alcuni dei migliori artisti palermitani che si sono messi in luce negli ultimi anni. In Sicilia ha già esposto alla galleria Pantaleone (Palermo 2003), alla galleria Bianca (Palermo, 2011), al Museo Civico di Castelbuono (2011)  e alla galleria Drago artecontemporanea (Bagheria, 2010 e 2011).