



Corpus temporis
mostra personale di Giovanni Leto
di Franco Lo Piparo
Il tempo ha un corpo? No. E però un artista non può non rappresentarlo che con e nella materialità dei corpi. Il filosofo, il teologo, il letterato usano le parole, l’artista deve fare vivere le sue idee nei colori, nelle figure disegnate su una qualche parete o ricavate da blocchi di marmo o di creta. Leto scrive le sue visioni filosofiche nella e con la modellazione di fogli di giornali. Operazione originale.
Che idea di tempo è rappresentata nelle sculture cartacee di Leto? Vi dico quello che questa mostra mi suggerisce.
Sant’Agostino concepiva il tempo come una successione di istanti presenti: il passato è la memoria di un presente che fu, il futuro è l’attesa di un presente che sarà, il presente è la percezione del momento. Riporto il passo delle Confessioni:
Né futuro né passato esistono, e solo impropriamente si dice che i tempi sono tre, passato, presente e futuro, ma più corretto sarebbe forse dire che i tempi sono tre in questo senso: presente di ciò che è passato, presente di ciò che è presente e presente di ciò che è futuro. Questi tre, infatti, sono in un certo senso nell’anima e non vedo come possano essere altrove: il presente di ciò che è passato è la memoria, di ciò che è presente la percezione, di ciò che è futuro l’attesa (XI, 20. 26).
In poche parole, esiste solo il presente. Aristotele (Phisica) aveva una idea radicalmente diversa: il tempo non è fondato sul presente, ma sulla asimmetria e discontinuità tra un prima e un dopo. Ciascuno pensi al proprio tempo autobiografico. Cosa ricordate? Il prima e il dopo di un certo evento: il primo giorno di scuola, la laurea, il primo bacio, il matrimonio, la morte di una persona cara, l’incontro di una certa persona, eccetera. Il tempo percepito e vissuto non è fondato sul presente ma sulla discontinuità tra un prima e un dopo.
Andiamo alla mostra di Leto. Vi vedo più Aristotele che Agostino. Osservate la scena iniziale (massi di carta lavorata di giornali non ben connessi che fluttuano nel vuoto) che Leto titola Corpus temporis e che io avrei titolato All’inizio c’è il caos. Col disordine del caos ha inizio la temporalità e la vitalità. Prima del caos c’è una Presenza omogenea senza fratture che possiamo immaginare solo negativamente: il non-tempo.
Segue una immagine che io considero tra le meglio riuscite. L’immagine del luogo fisico e metafisico da cui sorge nuova temporalità umana: la fenditura dell’organo femminile. La fenditura è simbolo della frattura vitale e, nella rappresentazione di Leto, portarice di movimento e di nuova vita. È il simbolo della discontinuità ma anche continuità tra il prima e il dopo.
Le sculture cartacee successive sono continuazione e, in qualche modo, produzione dell’attività generatrice della fenditura femminile. Sono forme diverse di movimento discontinuo: Onda, Onda nera, Scongelamenti, Ombelico. Per finire con l’equivalente astrofisico della fenditura femminile: un buco nero che risucchia tutto ciò che gli si avvicina. È un risucchiamento da cui hanno origine – ci spiegano gli astrofisici – altri universi. Esattamente come dalla fenditura femminile. Leto gli dà il titolo adeguato: non banalmente Buco nero ma Origine.
Platone ha dato una delle più belle, ma anche enigmatiche, definizioni del tempo. «Il tempo è l’immagine mobile dell’eternità» (Timeo, 37d). Per apprezzarla mettetela accanto alla definizione che Plotino ha dato dell’eternità ossia del non-tempo:
[L’eternità] è perfezione priva di parti, simile a un punto in cui si riuniscono tutte <le linee> senza mai uscirne fuori; essa persiste in se stessa nella sua identità, senza subire alcuna modificazione essendo sempre nel presente, sicché di essa nulla è passato o sarà ma è sempre ciò che è ed è sempre tale (Enneadi, III, vii, 3).
Andate a vedere adesso la scultura cartacea Cosmos. È una sfera compatta. La sfera, nella filosofia greca, è il simbolo della perfezione e dell’eternità. Guardiamola attentamente. Ha diverse fenditure e diversi buchi. A me sembra di scorgervi l’immagine mobile dell’eternità di cui parla Platone. La discontinuità creatrice ben rappresentata dalla fenditura femminile.

Giovanni Leto
Giovanni Leto è nato a Monreale nel 1946. Oggi vive e lavora a Bagheria. Ha studiato all’Istituto Statale d’Arte di Palermo, all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano (per un breve periodo), e all’Accademia di Belle Arti di Palermo dove, nel 1968, ha conseguito il diploma in Pittura.
La sua ricerca, fondata da sempre su un acuto interesse per i materiali, a partire dal 1982 è volta ad approfondire gli spessori tattili della carta di giornale con cui da vita ad una “pittura” che mentre innova il proprio linguaggio conquistando una nuova spazialità, si fa racconto di vita vissuta.
Oltre che in Italia l’artista espone le sue opere a Parigi, Berlino, Sydney, Caen, Stoccolma, New York, Bagdad ed Helsingborg.
Tra le numerose mostre sono: nel 1988 la personale “Geologia dell’altrove“, all’ex Ospedale Santa Caterina a Monreale, Curata da G. Di Genova; nel 1989, la mostra di gruppo Sottosuolo del linguaggio, alla Galleria Ezio Pagano di Bagheria (PA), curata da Filiberto Menna; nel 1998 la partecipazione alla rassegna “La Sicilia è un arcipelago”, al Citizens Columbus Foundation di New York curata da Lucio Barbera; nel 2002 l’Antologica al Museo Renato Guttuso a Bagheria, curata da Enrico Crispolti; nel 2005, la partecipazione alla mostra “L’Echange- 3° Salone Internazionale di Arti Plastiche e Figurative”, a Parigi; nel 2011 la partecipazione alla “54° Biennale di Venezia – Padiglione Italia, curata da Vittorio Sgarbi; nel 2016, la personale Giovanni Leto-Orizzonte in orizzonte 1985 / 2016, alle Fabbriche Chiaramontane ad Agrigento curata da Lorenzo Bruni; nel 2019 la personale “Ritratto di Ignoto” al Museo Riso-Cappella dell’Incoronata, a Palermo, presentata da Franco Lo Piparo; nel 2020, la partecipazione alla mostra “Novecento – da Pirandello a Guccione”, a Noto (SR), curata da Vittorio Sgarbi.
Opere nei musei: Museo Bargellini – MAGI ‘900, a Pieve di Cento (Bologna); Museo Renato Guttuso, a Bagheria (Palermo); Museo Bilotti Aranciera di Villa Borghese, a Roma; Pinacoteca Civica d’Arte Contemporanea, a Sulmona (Aquila); Museo Bilotti Ruggi d’Aragona, a Rende (Cosenza); Museo Riso, a Palermo; Museum – Osservatorio dell’Arte Contemporanea in Sicilia -, a Bagheria (Palermo); Fondazione Orestiadi – Ludovico Corrao, a Gibellina (Trapani), Accademia di Belle Arti – Collezione Libri d’Artista – a Palermo, Museo Limen Arte, a Vibo Valenza.
Bibliografia essenziale:
Maurizio Calvesi, D. Favatella Lo Cascio, “Museo Guttuso”, edizioni Novecento, Palermo, 1991;
AA.VV. “Arte come comunicazione di vita”, edizione Franco Maria Ricci, Milano, 2000;
Enrico Crispolti, “Giovanni Leto opere 1963 -2002”, edizione Ezio Pagano, I quaderni dell’arte, Bagheria, 2002.
Giorgio Di Genova, “Storia dell’Arte Italiana del ‘900 – Generazione anni quaranta, tomo 2”, edizione Bora, Bologna, 2009;
Sitografia:
http://www.archiviogiovannileto.com/
http://www.giovannileto.it/